Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 12 febbraio 2011

Le radici vitali di una società fondata sui beni comuni.


Autore: Fonte: eddyburg.
A proposito del libro curato da Paolo Cacciari: non dimentichiamo che la nostra storia è un bene comune essenziale. Il manifesto, 3 febbraio 2011
Paolo Cacciari, La società dei beni comuni, Ediesse, pp. 192, Euro 10
Lo spettro di un baratro verso cui stiamo inesorabilmente scivolando sta riaprendo la riflessione sui fondamenti della vita sociale, sul senso dello sviluppo, della crescita e del consumo, sulla «razionalità» del mercato, sugli stili di vita individuali e collettivi, sulla nostra quotidianità.
È questo il succo dell'incontro che si è tenuto recentemente al centro sociale Rivolta di Marghera, attorno ai due grandi protagonisti attuali della scena pubblica e cioè gli operai della Fiom, i ricercatori, gli studenti medi e universitari. In discussione è l'asse del vivere civile imposta al mondo intero dalla oligarchia che domina l'economia e la politica a livello planetario: la guerra di tutti contro tutti, chiamata eufemisticamente competizione mondiale.
È la follia al potere. Quando avremo raggiunto il fondo a cosa ci attaccheremo per risalire?
Non è dal potere che verranno le soluzioni. Perché «non si possono risolvere i problemi con gli stessi schemi di pensiero con cui sono stati creati».

Il golpe di Berlusconi e quello di Marchione.

di Riccardo Orioles in Ucuntu 103, 12 febbraio 2011
IL GOLPE DI BERLUSCONIE QUELLO DI MARCHIONNEE l'uomo di Obama in Calabria ha detto...
Stanno salvando l'Italia, ora mentre scriviamo, e stanno preparando ildopoberlusconi. Dove? A Milano. Chi? i congressisti del nuovo partitodi Fini, i “futuristi”. A loro l'Italia perbene, giornalisti epolitici, si affida. Il capo, proprio a Milano, o almeno il portavoce,era quella Tiziana Maiolo che, dopo brillanti e varie carriere “disinistra”, alla fine è approdata ai berlusconiani; e da questi aifiniani, sempre rispettatissima e riverita. E' quella che l'altrogiorno, di fronte alla morte atroce di quattro zingarelli: “Più facile educare dei cani - ha commentato - che degli zingari bambini”.
* * *
Si chiamavano Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian.
Erano nella lorobaracca, morti bruciati mentre si riparavano dal freddo. Quattro barea via Appia Nuova. Quattro rom bambini. Attorno alle bare lefamiglie. Soli da sempre. Campi zeppi di topi. Oggi come dieci annifa a Casilino 700, nell'anno del Giubileo, quando era vietatoraccontare le stragi dei ragazzini nei ghetti, e quell'anno là ne morirono almeno dieci.

venerdì 11 febbraio 2011

STREGHE PER SEMPRE: Il 13 febbraio saremo a Roma con la nostra esperienza di vita e di lotta.


di Collettivo "Streghe per sempre"

Ci saremo perché ci riconosciamo nella nozione di dignità sociale enunciata nell’articolo 3 della nostra Costituzione: nella garanzia di condizioni di vita tali da consentire a ogni persona di partecipare alla vita sociale e alla sfera pubblica senza essere ristretta in ruoli e funzioni che limitano di fatto la libertà, l’uguaglianza, il pieno sviluppo delle personalità.
Per questo contestiamo le politiche del governo Berlusconi che hanno accentuato la crisi capitalistica e le criticità storiche dell’occupazione femminile, determinando un peggioramento delle condizioni materiali di vita di milioni di donne, native e migranti, lavoratrici, studentesse e precarie, che rende più difficile, se non impossibile, l’autodeterminazione delle stesse.
Le politiche sociali di questo governo sono un chiaro manifesto contro la libertà delle donne: i tagli ai servizi sociali, alla scuola, alla sanità e agli enti locali caricano sulle famiglie e, in particolare, sulle donne il lavoro non retribuito di riproduzione di bambini, anziani e persone non autosufficienti. A tutto ciò si aggiunge un crescente ricorso al lavoro di riproduzione delle straniere, misconosciuto e sottopagato pur se nell’ambito di progetti coraggiosi di costruzione di una prospettiva di esistenza migliore per sé e le proprie famiglie, quando non di diretta sopravvivenza.
L’autonomia - autonomia politica, autonomia economica e l’autodeterminazione - delle une e delle altre è il frutto di un’assunzione di responsabilità a favore della libertà e della dignità umana, di una visione del mondo ancorata a esistenze solidali, che si situa agli antipodi rispetto all’irresponsabilità sociale promossa dalla classe padronale italiana e dal suo governo, con il ricatto di Marchionne e con gli attacchi ripetuti di questo governo ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e all’art. 41 della Costituzione che pone alla libertà d’impresa il limite del perseguimento dell’utilità sociale e della salvaguardia della sicurezza, della libertà e della dignità umana.

In esclusiva le foto oscene del premier.


di Alessandro Robecchi. Pubblicato in Il Manifesto
Nella settima potenza mondiale sono in vendita alcune fotografie del capo del governo desnudo che si intrattiene con alcune signorine desnude pure loro. Cribbio, ho detto, compriamole. Ho chiamato il direttore: quanto abbiamo in cassa? Settantadue euro e quaranta.
Ho fatto una colletta tra i redattori, ho raccolto altri ventisei euro, quattro bottoni e due buoni pasto. Ho capito che noi del manifesto quelle fotografie, che costano un milione, non potremo averle.
Come fare, allora, per mostrare all’Italia foto oscene del Presidente del Consiglio? Semplice, usiamo quelle che circolano già. E che sono ancora più oscene, se possibile. Tipo quella di Berlusconi a Onna (L’Aquila) che saluta i morti del terremoto vestito da partigiano per rimpannucciarsi un po’ di consenso, mentre già gli amichetti della cricca si spartiscono soldi e appalti.
Oppure quella foto oscena del 2000 (disponibile anche il video a Porta a Porta) in cui Berlusconi Silvio dice che “appena potrà” andrà a “incontrare papà Cervi”, che però, irrispettosamente, era morto da trent’anni.
O ancora si potrebbe pubblicare la foto (c’è il video pure qui) di Silvio Berlusconi che mima una mitragliata a una giornalista russa, accanto all’amico Putin, presidente di un paese dove i giornalisti vengono mitragliati sul serio. Oscenissima.
O ancora, ci sarebbe la foto di quando Silvio Berlusconi diceva seriamente (2003) che “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino”.
E via via fino ai giorni nostri: fotografie oscene di Berlusconi ne esistono migliaia, entrarne in possesso non è per niente difficile, se giornali e tivù le vogliono possono chiamare qui, gliele spediamo gratis.
E poi c’è la più oscena di tutte le fotografie: l’immagine, a colori, in alta definizione, di un Paese che da vent’anni sopporta tutto questo, lo difende, lo assolve, lo ammira. Un paese che lascia la sua dignità al guardaroba e si siede in platea, pronto allo spettacolo, aggiustandosi con piccoli tocchi delle dita le grandi fette di prosciutto sugli occhi.

giovedì 10 febbraio 2011


da La Stampa del 10 febbraio

"La Stampa" conquista 400 mila nuovi lettoriMaggiore incremento tra i quotidiani nazionali: +9.7%. Cresce anche il "Corriere", "Repubblica" resta in testa di Marco Bardazzi Una buona notizia per l’Italia: c’è voglia di leggere, capire eapprofondire. Sarà che il Paese attraversa una complessa fase ditrasformazione, mentre gli scenari globali richiedono chiavi dilettura che aiutino a dare un senso a eventi spesso tumultuosi (pensiamo alle rivolte di queste settimane nel mondo arabo). Quel che è certo è che sta aumentando il numero dei lettori dei quotidianicon un respiro nazionale e internazionale. E tra questi, secondol’ultima rilevazione dell’Audipress, «La Stampa» si conferma ilgiornale che cresce più di tutti. La nuova indagine sulla lettura, presentata ieri, indica un balzo del9,7% dei lettori del nostro quotidiano nel terzo quadrimestre del 2010rispetto ai quattro mesi precedenti. Un dato ancora più significativose si considera che già nel secondo quadrimestre «La Stampa» erarisultato il quotidiano più in crescita tra quelli nazionali, con un+12,7%. Sono ora 2.093.000 le persone che ogni giorno sfogliano questepagine: 400 mila in più rispetto all’inizio dello scorso anno. Nel complesso, l’Audipress ha rilevato nell’ultimo scorcio del2010 un aumento del 5,5% dei lettori dei sei quotidiani nazionali,segnalando crescite significative anche per «Corriere della Sera»(+9%, a quota 2,9 milioni), «Giornale» (+8,8%, prima del cambio didirezione e dell’addio di Vittorio Feltri) e «Sole 24 Ore»(+5,3%). «La Repubblica» mantiene sostanzialmente invariato ilnumero dei propri lettori (+0,6%), confermandosi il quotidiano nonsportivo più letto d’Italia a quota 3,2 milioni. Unica testatanazionale con il segno negativo nel terzo quadrimestre è «Libero»,che ha perso il 4,9% dei lettori prima dell’arrivo di Feltri afianco del direttore Maurizio Belpietro. Se crescono quelli che Audipress riunisce nella categoria deiquotidiani nazionali, risultano invece tutti in perdita i giornalid’opinione, con un calo del 6,7% per «l’Unità» e battuted’arresto più contenute per «Avvenire» e «Italia Oggi». Restastabile la lettura dei quotidiani regionali nel CentroSud, con unabuona performance della «Gazzetta del Mezzogiorno» (+4,2%), insiemealla quale «La Stampa» si presenta in edicola in varie zone del Sud.In negativo invece il bilancio delle testate regionali del Nord, cheperdono il 3,8% dei lettori: il dato peggiore (-18%) è quello del«Secolo XIX». Prosegue intanto il fenomeno del ridimensionamentodella «free press» italiana. I quotidiani gratuiti hanno perso unaltro 9,8% di lettori rispetto al quadrimestre precedente: nelcomplesso ne hanno ora poco più di 5 milioni, mentre all’inizio del2010 erano oltre sei milioni. Tra gli sportivi, quelle della«Gazzetta dello Sport» restano le pagine più lette ogni giorno inItalia (4,3 milioni di lettori, +4,5%). Cresce «Tuttosport» (+4,6%)e perde terreno invece il «Corriere dello Sport-Stadio» (-1,4%).

DonneUnite contro il ritorno del feudalesimo.


dal blog di Georgiamada

In questi giorni, con l'avvicnarsi del 13 febbraio (giorno della manifestazione, QUI il video), è tutto un parlare (soprattutto a sproposito) di donne, di libertà sessuale, di escort-cavallone fatte senatore (come Caligola fece il suo cavallo) e di prostituzione.
Per i vecchi porconi (come Ostellino e Stracquadanio che ieri ha nuovamente delirato da Gad Lerner) quello che fa il cavaliere con le sue girls (e tutto il giro di parenti, metresse e lenoni da vero e proprio bordello ad personam) è solo una realizzazione dei principi derivanti dalla cultura del 1968.
Ora basterebbe considerare che 'sti porconi odiano il 1968 (e la rivoluzone sessuale) mentre sono del tutto partecipi della neo-porno-cultura del cavaliere, per capire che le due cose non solo stanno agli antipodi ma che anzi sono incomparabili e non sono neppure avvicinabili, perché la cultura del 1968 volle proprio neutralizzare, e per sempre, la vecchia cultura predatoria, senza diritti, che ora Berlusconi ha rispolverato a suo uso e consumo.
Non ci sarebbe neppure bisogno di ricordarlo tanto la cosa è evidente e palese, se non fosse che molte donne in questi giorni accusano di moralismo e perbenismo chi proprio non accetta che qualcuno usi il suo potere pubblico e istituzionale (ma anche aziendale, e non solo privato, mediaset, ma soprattutto pubblico, Rai) per remunerare e ricambiare prestazioni sessuali e soprattutto per corrompere ragazze allevate a merendine e oscene trasmissioni televisive e che per questo sognano poi solo di entrare nel mondo dello spettacolo e purtroppo, oggi (vista la facilità con cui Al Porcone distribuisce le cariche), anche in politica dove i guadagni sono diventati stratosferici.

mercoledì 9 febbraio 2011

Il "Risveglio Globale" temuto da Brzezinski è arrivato.


Monumentale grido di battaglia per la libertà in tutto il mondo rischia di deragliare l'agenda del nuovo ordine mondiale

di Paul Joseph Watson Fonte: Prison Planet.com

Il "risveglio politico globale" molto temuto da Zbigniew Brzezinski è in pieno svolgimento. Rivolte in Egitto, Yemen, Tunisia e altri paesi rappresentano un grido di libertà veramente imponente in tutto il mondo che rischia di danneggiare enormemente l'agenda per un governo mondiale, ma solo se i rivoluzionari riusciranno ad evitare di essere cooptati da una paranoica e disperata elite globale.
Durante un discorso al Council on Foreign Relations a Montreal l'anno scorso, il co-fondatore insieme a David Rockefeller della Commissione Trilaterale e regolare partecipante alle riunioni del gruppo Bilderberg, Zbigniew Brzezinski, ha lanciato l'allarme per un "risveglio politico globale", principalmente da parte dei giovani dei paesi in via di sviluppo, che minaccia di rovesciare l'ordine internazionale esistente.
Leggere interamente le parole di Brzezinski, alla luce delle rivolte globali che ora vediamo diffondersi a macchia d'olio in tutto il pianeta, ci offre una sorprendente panoramica su quanto sia di fondamentale importanza l'esito di questa fase della storia moderna, per il futuro corso geopolitico del mondo, e di conseguenza per la sopravvivenza e la crescita della libertà umana in generale.
Per la prima volta nella storia umana, quasi tutta l'umanità è politicamente attiva, politicamente consapevole e politicamente interattiva ... Il risultato globale dell'attivismo politico sta generando un impulso alla ricerca della dignità personale, del rispetto culturale e di opportunità economiche in un mondo dolorosamente segnato dai ricordi di una secolare dominazione straniera coloniale o imperiale ... L'anelito alla dignità umana a livello mondiale è la sfida centrale insita nel fenomeno del risveglio politico globale ... un risveglio che è socialmente imponente e politicamente radicalizzante ... L'accesso quasi universale a radio, televisione e Internet sta creando sempre più una comunità di percezioni condivise e di invidia che può essere galvanizzata e canalizzata da demagogiche passioni politiche o religiose.
Queste energie trascendono i confini sovrani e rappresentano una sfida sia per gli Stati esistenti, che per l'attuale gerarchia mondiale, su cui ancora si fonda l'America...

Ancora sulla manifestazione antiberlusconiana ad arcore.…


La segretaria del Circolo di Rifondazione Comunista/FdS Arcore: Vi racconto com’è andata. Fonte: commercialpoint

Arrivo in piazza Largo Vela che sono le 13.30 ed è già mezza piena. Arrivo a piedi, come sempre, come le belle giornate primaverili ed estive che portano noi arcoresi nel parco di Villa Borromeo. Raggiungo i Compagni al posto stabilito e mentre cammino butto lo sguardo in fondo a quel viale ormai tristemente famoso, a quella villa che suona strano dire che un tempo era un monastero benedettino, e suona più inquietante dire che, passata ai conti Casati Stampa, fu teatro di due omicidi e di un suicidio. Ma forse, penso, le generazioni future avranno da rabbrividire di più sapendo chi è l’attuale proprietario e che cosa avviene lì dentro.
L’orologio scocca le 14.00 e la piazza è ormai stracolma. Genti di tutte le età, mamme con i passeggini, anziani con i cani, giovani che suonano, gruppi di persone che discutono che “così non si può più andare avanti”, che “quel mafioso lì deve farsi processare”.
E poi striscioni, cartelli con ogni tipo di satira, bambole gonfiabili e biancheria intima femminile che rammentano l’ultimo disgustoso scandalo del Premier. C’è il Popolo Viola, ci sono vari Partiti, c’è gente comune che non ne può più della schifezza che il Premier sta collezionando.
E, più importante, ci sono persone che pensano: pensare, parola rivoluzionaria di questi tempi. E non pensano solo all’accusa di prostituzione minorile, ma alle ben più gravi accuse che penzolano sopra la testa del Premier.

martedì 8 febbraio 2011

Obama ha paura e non cambia niente.


di Noam Chomsky Fonte: arcoiris
Devo dire prima di tutto che gli avvenimenti sono imprevisti e spettacolari. Un piccolo tunisino senza nome che per disperazione si dà fuoco nella sua provincia sperduta ha travolto il mondo arabo nell’ indignazione che nessuno riesce a controllare.
Il coraggio, la determinazione e l’impegno di milioni di persone sfinite da regimi che umiliano la dignità, rimettono in discussione le politiche dei governi occidentali. Succeda ciò che succeda Mediterraneo e mondo arabo non saranno più gli stessi. La corte mafiosa di Mubarak è finita nelle vetrine delle nostre città. Sta provando ad organizzare «bande amiche» (squadre della morte si diceva in America Latina) scatenate nell’appoggio al regime, ma l’esercizio è un tampone inutile perché lo spettacolo che i media del mondo raccontano è una vergogna insopportabile.
E le parole d’ordine cambiano ogni ora: contenere, ma non calpestare, sparare, uccidere per non perdere l’appoggio in miliardi di dollari dell’Occidente. Difficile dire come andrà a finire. Gli Stati Uniti seguono la prassi abituale. Quando le dittature protette sono alle corde, provano e tenerle in piedi con una solidarietà segreta che puntella l’ordine disegnato dalle corporazioni di Washington ripetendo l’ipocrisia di dichiarazioni che suscitano sorrisi: «siamo sempre stati dalla parte della gente e se la gente protesta ha diritto a protestare».
Routine che si ripete soprattutto se l’esercito egiziano nelle mani di suggeritori e finanziatori lontani obbedisce agli ordini e ai contrordini di chi paga gli stipendi: prendere le distanze ma non scaricare il protagonista sorretto per anni appartiene ad una transizione insopportabile. Manovre prevedibili: mantenere lo stesso ordine cambiando i nomi. Mubarak deve andarsene ma l’addio sarà lento e senza traumi per non destabilizzare la stabilità fallita.
Obama non sta dicendo nulla. Assieme ai nuovi ministri Mubarak obbedisce in un certo modo per non perdere la faccia. Il suo destino è segnato, ma chi viene indicato dopo di lui continuerà come prima. Il potere degli Usa sull’ Egitto resta sconvolgente.

Fiat via dall'Italia. Marchionne dà il benservito a Berlusconi.


di Gianni Rossi, Fonte: articolo21
Nella nuova divisione mondiale del lavoro all'Italia è rimasto ben poco spazio: per la Francia e Germania il futuro continuerà ad essere incentrato sull'industria, per la Gran Bretagna sulla finanza; mentre il resto dell'Europa (orientale e mediterranea, Italia compresa, come Spagna, Portogallo e Grecia) farà da corollario come dispensatrice di "forza lavoro" e di alcune eccellenze di contorno.

Sempre più la crisi della FIAT, e i possibili progetti industriali e finanziari che potrebbero rimetterla in sesto, passano per il tramonto del governo Berlusconi.
Se stiamo ai fatti, la FIAT è ritornata in crisi da quando sono finiti gli "aiuti di stato", ovvero gli incentivi fiscali per le rottamazioni. Modelli nuovi nello stile e nelle motorizzazioni sono ormai un ricordo lontano.
Nel frattempo, l'amministratore delegato, Sergio Marchionne, ha imposto alcune condizioni "strangolanti", per continuare a produrre in Italia: la chiusura dello stabilimento siciliano di Termini Imerese, la divisione in due società del gruppo per meglio "giocarsele sul mercato" della Borsa e trarre dividendi, regole "cinesi" per gli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e Torino Mirafiori, fuoriuscita dalla Confindustria, riduzione dei diritti sindacali.

Nel volgere di meno di un mese, poi, ha svelato senza troppi fronzoli, il suo vero obiettivo: risanata la Chrysler, che nel frattempo ha ripreso a vendere auto e a macinare dividendi, si avvierà la fusione con la FIAT, e restituiti i lauti aiuti finanziari dei governi USA e del Canada, il nuovo gruppo da italo-americano si trasformerà in americo-italiano con testa, cuore e portafogli a Detroit. Così, d'altronde, vorrebbero le clausole riservate dell'accordo tra Marchionne e Obama, e così vuole la prassi legale borsistica di Wall Street.

lunedì 7 febbraio 2011

L'urlo di Milano: «Dimissioni subito»


Fonte: Luca Fazio - il manifesto

SALTA IL TAPPO LIBERTÀ E GIUSTIZIA In migliaia al Palasharp con Eco, Saviano, ScalfaroOttomila persone riunite al Palasharp rispondono all'appello di Libertà e Giustizia per chiedere le dimissioni di Berlusconi e per immaginare un paese diverso aggrappandosi alle parole di Roberto Saviano, Umberto Eco, Gustavo Zagrebelsky e tanti altri. Per la destra, piuttosto nervosa e poco abituata ad avere a che fare con gli intellettuali, è solo «fascismo di sinistra»
MILANO. Se siamo venuti al Palasharp per un sogno (a Roberto Saviano piace la parola sogno), allora potremmo portarci avanti e scrivere già il pezzo del decennale di quella strana giornata piena di sole e polveri sottili che è passata alla storia come la «primavera» di Milano, ovvero l'inizio della fine di Berlusconi e del berlusconismo.
Accadde il 5 gennaio 2011, poi il 6 (cioè oggi) Arcore fu invasa dal popolo viola e la domenica successiva le donne italiane diedero la spallata finale al regime... perchè «la democrazia era in ostaggio», come disse Saviano.Il contesto del resto aiuta a sognare, il palazzetto è stracolmo e siccome più di 7-8 mila persone non ci stanno, alcune centinaia sono costrette ad ascoltare fuori sul piazzale le voci degli intellettuali che l'associazione Libertà e Giustizia ha chiamato a raccolta per esprimere un concetto forte e chiaro: «Dimettiti».

domenica 6 febbraio 2011

Nuovo rinascimento arabo.


INTERVISTA a Samir Amin di Geraldina Colotti. Fonte: il manifesto

L'Ue assente di fronte al precipitare della crisi in Egitto e nel Maghreb. Samir Amin al manifesto: «Sarà determinante l'ampiezza del movimento contro Mubarak. E la scesa in campo di forze sociali e sindacali. A breve termine, la posta in gioco è un regime "accettabile", che cessi la repressione, tolleri la pluralità degli organismi politici. Suleiman non è certo la risposta a questo»
Parla il presidente del Forum Mondiale delle Alternative «Obama sull'Egitto dovrebbe dire: "vorrei ma non posso"».

Analista di lungo corso, Samir Amin (Il Cairo, 1931) dirige il Forum du Tiers Monde a Dakar ed è presidente del Forum Mondiale delle Alternative. Nei suoi saggi (pubblicati in Italia da Punto Rosso) indaga le dinamiche geopolitiche Nord-Sud all'interno del «mondo multipolare» postnovecentesco: nuove alleanze e fermenti sociali in grado di contrastare l'egemonia della «Triade» (Usa, Europa, Giappone), complicando il quadro di un «imperialismo collettivo» che gestisce l'economia globalizzata «per mezzo delle istituzioni al suo servizio» (Wto, Fmi, Banca Mondiale e Ocse).

Lo abbiamo intervistato, in un momento cruciale per il destino del suo paese.
Cosa succede nel mondo arabo?
Qualcosa di molto positivo, prima in Tunisia, ora in Egitto, presto probabilmente in altri paesi arabi e forse dell'Africa. Grandi movimenti dicono: ne abbiamo abbastanza di questi regimi soprattutto per il loro aspetto poliziesco. Movimenti che per ora sono privi di un vero programma alternativo.

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